domenica 6 giugno 2010

I benefici del Sutra del Loto


Ho ricevuto i cinque kan di monete
anatra blu che mi hai inviato. Il
primo dei cinque precetti è non togliere la
vita e la prima delle sei paramita è quella
della donazione.



I dieci buoni precetti, i
duecentocinquanta precetti, i dieci precetti
maggiori e tutte le altre norme di comportamento
iniziano con la proibizione di
togliere la vita.
Ogni essere vivente, dal sommo santo
alla più piccola zanzara o moscerino, considera
la vita come il bene più prezioso.
Privare un essere della vita è il peccato più
grave.
Quando il Tathagata apparve in questo
mondo, fece della compassione per gli
esseri viventi il proprio fondamento. E come
espressione di compassione per la vita,
il primo precetto è non togliere la vita e
provvedere al sostentamento degli esseri
viventi.
Sostenendo la vita degli altri si ottengono
tre benefici: primo, si sostiene la
propria vita, secondo, il proprio volto si
ravviva e terzo, si acquista forza.
“Sostenere la propria vita” significa
nascere nel regno umano o celeste e ricevere
la ricompensa karmica di una lunga
vita. E, quando si diventa un Budda, ci si
manifesta come Tathagata dal corpo del
Dharma, un corpo che è vasto come lo
spazio.

Poiché “si acquista forza”, essendo
nati nel regno umano o celeste, si diventa
una persona virtuosa e influente che
attrae molti seguaci. E, quando si diventa
un Budda, ci si manifesta come Tathagata
dal corpo di ricompensa, che siede su un
piedistallo di loto e risplende come la luna
piena nel cielo sereno della quindicesima
notte dell’ottavo mese.
Poiché “il proprio volto si ravviva”,
essendo nati nel regno umano o celeste, si
acquisiscono le trentadue caratteristiche
maggiori e si diventa leggiadri e distinti
come il fiore del loto. E, quando si diventa
un Budda, ci si mostra come Tathagata dal
corpo manifesto, simili al Budda Shakyamuni.
Se ci chiediamo quale fu l’origine del
monte Sumeru, troviamo che esso ha avuto
origine da un singolo granello di polvere,
così come il vasto mare si è originato da
una sola goccia di rugiada. Uno più uno
diventa due, due diventa tre e così via fino
a dieci, cento, mille, diecimila, centomila,
un asamkhya. Comunque “uno” è la madre
di tutto.
Veniamo all’inizio del Buddismo in
Giappone: dopo i sette regni di divinità
celesti e i cinque regni di divinità terrene,
iniziarono i cento regni dei sovrani
umani, il primo dei quali fu l’imperatore
Jimmu. Al tempo del trentesimo sovrano,
l’imperatore Kimmei, vennero introdotte
in Giappone dal regno di Paekche le scritture
buddiste, insieme a una statua di Shakyamuni,
il signore degli insegnamenti, a
monaci e monache.
Poi il principe Jogu, figlio dell’imperatore
Yomei, iniziò lo studio degli scritti
buddisti: si fece inviare dalla Cina una
copia del Sutra del Loto, scrisse un commentario
al testo e cercò di diffonderne
l’insegnamento.
In seguito, al tempo del trentasettesimo
sovrano, l’imperatore Kotoku, l’Amministratore
del clero Kanroku introdusse
dal regno di Silla le scuole dei Tre trattati
e dell’Affermazione della verità. Nello
stesso periodo il prete Dosho introdusse
dalla Cina le scuole delle Caratteristiche
dei dharma e del Tesoro dell’Abhidharma,
e il precettore Shinjo introdusse la scuola
della Ghirlanda di fiori.
Durante il regno del quarantaquattresimo
sovrano, l’imperatrice Gensho, un
onorevole monaco2 venuto dall’India introdusse
il Sutra di Mahavairochana, e all’epoca
del quarantacinquesimo sovrano,
l’imperatore Shomu, il Reverendo Ganjin,
proveniente dalla Cina, introdusse in
Giappone la scuola dei Precetti. Questi
portò con sé anche copie del Significato
profondo del Sutra del Loto, di Parole e
frasi del Sutra del Loto, di Grande concentrazione
e visione profonda, i commentari
al Sutra di Vimalakirti e altre opere della
scuola T’ien-t’ai. Tuttavia egli non propagò
gli insegnamenti della scuola della Vera
parola e della scuola del Loto [T’ien-t’ai].
Durante il regno del cinquantesimo sovrano,
l’imperatore Kammu, visse un giovane
prete chiamato Saicho, che più tardi
fu conosciuto come Gran Maestro Dengyo.
Prima di andare nella Cina T’ang, trascorse
quindici anni a studiare da solo le scritture
e i commentari delle scuole della Vera parola
e T’ien-t’ai. Successivamente, nel settimo
mese del ventitreesimo anno dell’era
Enryaku (804), partì per la Cina. Tornò in
Giappone nel sesto mese dell’anno successivo
e da allora istruì negli insegnamenti
delle scuole T’ien-t’ai e della Vera parola
svariate dozzine di eminenti studiosi dei
sette maggiori templi di Nara.
Da allora sono passati quattrocento anni
e, complessivamente, più di settecento anni
da quando il Buddismo fu introdotto per la
prima volta in Giappone. Durante questo
periodo alcuni hanno esortato la popolazione
a invocare il nome di Amida, altri quello
di Mahavairochana o quello di Shakyamuni.
Ma finora non c’è stato nessuno che abbia
esortato a recitare Nam-myoho-renge-kyo, il
daimoku, o titolo, del Sutra del Loto.
E ciò non è accaduto soltanto in Giappone.
In India, nei mille anni successivi alla
morte del Budda, ci furono grandi studiosi
come Mahakashyapa, Ananda, Ashvaghosha,
Nagarjuna, Asanga e Vasubandhu che
si impegnarono a propagare il Buddismo
nelle cinque regioni dell’India. In Cina, durante
i vari secoli trascorsi dall’introduzione
del Buddismo, persone come Kashyapa
Matanga, Chu-fa-lan, il Maestro del Tripitaka
Kumarajiva, Nan-yüeh, T’ien-t’ai e
Miao-lo scrissero commentari e interpretarono
i sutra. Ma nessuna di queste persone
esortò a recitare il daimoku del Sutra del
Loto come si recitava il nome di Amida. Essi
lo recitavano esclusivamente per se stessi,
oppure, lo recitava da solo chi teneva una
lezione sul Sutra del Loto.
Gli insegnamenti delle otto scuole e
delle nove scuole differiscono l’uno dall’altro,
ma quasi tutti i fondatori e i capi
di queste scuole recitavano il nome di Amida.
Meno numerosi erano coloro che
recitavano il nome di Percettore dei Suoni
del Mondo, e meno ancora coloro che invocavano
il nome del Budda Shakyamuni,
seguiti da coloro che invocavano il nome di
Mahavairochana, di Maestro della Medicina
o di altri. Ma per una qualche ragione
non ci fu nessuno che invocò il daimoku
del Sutra del Loto, il cuore e il nucleo di
tutta la predicazione del Budda.
Si dovrebbe riflettere attentamente
sulla ragione di ciò. Un abile medico, per
esempio, benché conosca le cause di tutte
le malattie e l’efficacia delle varie medicine,
non somministra indiscriminatamente
il farmaco più potente, ma il farmaco indicato
per la specifica malattia.
Questa fu forse la ragione per cui, durante
i duemila anni del Primo e Medio
giorno della Legge successivi alla morte
del Budda, poiché la malattia dell’illusione
era ancora leggera, nessuno raccomandò
che fossero utilizzati i cinque caratteri
di Myoho-renge-kyo, la migliore medicina
tra tutti gli insegnamenti del Budda. Adesso
invece siamo entrati nell’Ultimo giorno
della Legge e tutti soffrono di una grave
malattia che non può essere guarita da
blande medicine come le invocazioni ad
Amida, Mahavairochana o Shakyamuni.
La luna è bellissima, ma si mostra in
tutto il suo splendore solamente in autunno.
I fiori di ciliegio sono di buon augurio,
ma sbocciano solamente in primavera.
Tutte le cose dipendono dal tempo. Forse
il periodo di duemila anni del Primo e
Medio giorno della Legge non era ancora
il tempo di diffondere il daimoku.
Inoltre, l’insegnamento del Budda è
propagato dai suoi messaggeri e questi
discepoli ricevettero dal Budda dottrine
differenti. Gli studiosi apparsi durante i
mille anni del Primo giorno della Legge e
i maestri apparsi nei mille anni del Medio
giorno della Legge erano in maggioranza
uomini ai quali era stato affidato l’insegnamento
hinayana o mahayana provvisorio,
o l’insegnamento transitorio del Sutra del
Loto, o altre dottrine ausiliarie. Il Bodhisattva
Pratiche Superiori, cui fu affidato il
daimoku, il cuore dell’insegnamento originale,
non aveva ancora fatto il suo avvento
nel mondo.
Egli deve apparire ora, nell’Ultimo
giorno della Legge, e propagare i cinque
caratteri di Myoho-renge-kyo in tutti i
paesi e a tutti i popoli di Jambudvipa, così
come oggi è diffusa in tutto il Giappone
l’invocazione del nome di Amida.
Io, Nichiren, non sono il fondatore di
alcuna scuola né il seguace di qualche altra
scuola già esistente. Sono un prete senza
precetti, non osservo i precetti né li trasgredisco.
Sono un essere comune, come
un bue o una pecora, non particolarmente
saggio né ignorante.
Perché io per primo ho iniziato a recitare
i cinque caratteri di Nam-myohorenge-
kyo che il Bodhisattva Pratiche Superiori
è stato designato a propagare apparendo
in questo mondo? Prima che egli
fosse apparso, come in sogno, senza neanche
sapere cosa stessi facendo, io iniziai a
recitare le parole Nam-myoho-renge-kyo,
e le recito ancora. In fin dei conti, ciò che
sto facendo è una cosa buona o una cosa
cattiva? Io non lo so, né nessun altro può
dirlo.
Ma quando apro rispettosamente il
Sutra del Loto, vedo che persino i bodhisattva
Manjushri, Maitreya, Percettore
dei Suoni del Mondo e Virtù Universale,
che avevano raggiunto lo stadio di illuminazione
quasi perfetta, erano a malapena
capaci di abbracciare una frase o un verso
di questo sutra perché [il sutra stesso afferma
che] esso può «essere compreso e
condiviso solo tra Budda.
Il Sutra della Ghirlanda di fiori è il
primo sutra dell’insegnamento immediato
predicato dal Budda subito dopo l’illuminazione:
è un sutra che include il completo
e perfetto insegnamento, eppure la sua
esposizione fu affidata a quattro bodhisattva,
fra i quali Saggezza del Dharma5. I sutra
della Saggezza, sebbene non siano allo
stesso livello del Sutra della Ghirlanda di
fiori, erano i sutra più elevati predicati dal
Budda fino a quel momento. E anche in
questo caso soltanto a Subhuti fu affidato
l’incarico di esporli.
Solo il Sutra del Loto è il meraviglioso
insegnamento esposto direttamente dall’aurea
bocca di Shakyamuni, il Budda
perfettamente dotato dei tre corpi. Quindi
nemmeno Virtù Universale e Manjushri
erano in grado di esporne più di una singola
frase o un singolo verso. A maggior
ragione sarà difficile per noi, persone comuni
che viviamo in quest’ultima epoca,
abbracciare anche solo una o due parole
di questo sutra.
Poiché i fondatori delle varie scuole
leggevano il Sutra del Loto, i rispettivi discepoli
presumevano che il loro maestro
avesse afferrato il cuore del sutra. Ma se
indaghiamo attentamente, vediamo che il
Gran Maestro Tz’u-en leggeva il Sutra del
Loto, ma considerava suoi maestri il Sutra
dei Profondi segreti e il Trattato sulla
dottrina della coscienza come unica realtà;
che il Gran Maestro Chia-hsiang leggeva
il Sutra del Loto, ma considerava suoi
maestri i sutra della Saggezza e il Trattato
sulla Via di mezzo. Uomini come Tu-shun
e Fa-tsang leggevano il Sutra del Loto, ma
consideravano propri maestri il Sutra della
Ghirlanda di fiori e il Commentario al
Sutra dei Dieci stadi; Shan-wu-wei, Chinkang-
chih e Pu-k’ung leggevano il Sutra
del Loto, ma consideravano loro maestro
il Sutra di Mahavairochana. Tutti costoro
credevano di aver letto il Sutra del Loto,
ma, in realtà, non ne avevano ancora letto
una sola frase o un solo verso.
In definitiva, come affermò il Gran
Maestro Dengyo: «Anche se loda il Sutra
del Loto, ne uccide il cuore». Essi si
possono paragonare a credenti non buddisti
che, pur leggendo i sutra buddisti, li
considerano equivalenti agli insegnamenti
non buddisti, o a pipistrelli che, nella loro
cecità, confondono il giorno con la notte,
oppure a un uomo dal volto arrossato che,
guardandosi allo specchio, pensa che lo
specchio sia diventato rosso, o a un uomo
dal volto rotondo che, vedendosi riflesso
nella lama di una spada, pensa che il suo
viso sia diventato lungo e stretto.
Ma io, Nichiren, sono diverso da tali
persone: credo profondamente nel passo
del sutra in cui si afferma che il Sutra del
Loto è il supremo fra tutti i sutra che il
Budda ha predicato, che ora predica e che
predicherà7. Io stesso recito il daimoku che
è il cuore e il nucleo dell’intero sutra ed
esorto gli altri a fare lo stesso. Come l’artemisia
che cresce in un campo di canapa o il
legno segnato con l’inchiostro8, i quali, benché
inizialmente non siano diritti, lo diventano
inevitabilmente, così chi recita il daimoku
come insegna il Sutra del Loto non
avrà mai una mente distorta. Sappi che non
è possibile recitare il daimoku se la mente
del Budda non entra nel nostro corpo.
Gli insegnamenti buddisti diffusi dagli
altri sono, in tutti i casi, quelli che essi
hanno appreso e ricevuto dai loro maestri.
Sono come i feudi dei vassalli [più vicini
al clan reggente] di Kamakura o le proprietà
governate dagli amministratori dei
distretti: anche se misurano appena uno
o due cho, li hanno ricevuti per la benevolenza
del defunto shogun. Quanto più
obbligati verso di lui saranno quelli che
hanno ricevuto proprietà di un centinaio
o un migliaio di cho, di una o due intere
province!
Colui che tramanda le dottrine di un
buon maestro viene detto saggio, mentre
chi comprende la verità da solo senza l’aiuto
di un maestro, viene definito santo.
In India, Cina e Giappone, dopo la
morte del Budda, apparvero due santi:
T’ien-t’ai e Dengyo. Questi due uomini
meritano di essere definiti santi, ma anche
saggi. Il Gran Maestro T’ien-t’ai può
dirsi un saggio perché trasmise le dottrine
di Nan-yüeh, ma comprese da solo il
supremo veicolo della Buddità nel luogo
della meditazione e per questo può dirsi
un santo. Il Gran Maestro Dengyo apprese
gli insegnamenti sulla pratica della
concentrazione e della visione profonda e
i grandi precetti della perfetta e immediata
illuminazione dai suoi maestri Tao-sui
e Hsing-man. In tal senso fu un saggio.
Ma, prima di andare in Cina, quando era
ancora in Giappone, aveva già compreso
perfettamente senza l’aiuto di un maestro
tutte le dottrine delle scuole della Vera parola
e della Concentrazione e visione profonda
[T’ien-t’ai] e aveva compreso che la
saggezza della scuola T’ien-t’ai sorpassava
quella delle sei scuole o delle sette scuole.
Per questo fu un santo.
Uno dei classici confuciani afferma:
«Coloro che hanno una comprensione
innata sono i primi» (con “i primi” intendeva
i santi) e: «Coloro che raggiungono
la comprensione attraverso lo studio sono
i secondi» (con “i secondi” intendeva i
saggi)10. E uno dei sutra buddisti contiene
il passo: «Io pratico senza l’aiuto di un
maestro»11.
Shakyamuni, il signore degli insegnamenti,
è il più grande santo di questo
mondo di saha. T’ien-t’ai e Dengyo furono
santi e saggi. Ashvaghosha, Nagarjuna,
Asanga, Vasubandhu, Lao Tzu e Confucio
furono i santi e i saggi degli insegnamenti
hinayana, o degli insegnamenti mahayana
provvisori, o degli insegnamenti non buddisti,
ma non furono i santi e i saggi del
Sutra del Loto.
Ora io, Nichiren, non sono né un santo
né un saggio. Non aderisco ai precetti
e neppure sono senza precetti. Non possiedo
saggezza e neppure ne sono privo.
Tuttavia, sono nato più di 2.220 anni dopo
la morte del Budda, nell’ultimo periodo di
cinquecento anni quando il daimoku del
Sutra del Loto è destinato a diffondersi. E
prima che ogni altro seguace delle svariate
scuole, sia qui in Giappone sia nelle terre
lontane dell’India e della Cina, iniziasse
l’invocazione del daimoku, io iniziai a recitare
Nam-myoho-renge-kyo ad alta voce
e ho continuato così per più di venti anni.
Durante questo periodo sono stato
maledetto, picchiato e talvolta ferito. Sono
stato esiliato due volte, condannato a morte12
e ho subìto altre grandi prove troppo
numerose da elencare. Sono stato come
un seme di soia gettato in una pentola
d’acqua bollente o come un grande pesce
dentro una minuscola pozza d’acqua.
Il Sutra del Loto dice: «E poiché odio
e gelosia nei confronti di questo sutra abbondano
perfino mentre il Tathagata è nel
mondo, quanto peggio sarà dopo la sua
scomparsa?». Dice anche: «Nel mondo
dovrà fronteggiare molta ostilità e sarà difficile
credervi». E prosegue: «Ci saranno
molte persone ignoranti che ci malediranno
e parleranno male di noi; ci attaccheranno
con spade e bastoni, con pietre e
tegole, […] saremo esiliati più e più volte
». Se io, Nichiren, non fossi nato nella
terra del Giappone, questi passi del sutra
non sarebbero stati nient’altro che parole,
prive di ogni significato. Sarebbero stati
come fiori che sbocciano senza produrre
frutti o come tuoni non seguiti dalla pioggia.
Le auree parole del Budda sarebbero
state vane e l’onesto Sutra del Loto si
sarebbe macchiato di grandi menzogne.
Quando considero tutto ciò, mi sembra di
essere pari ai santi T’ien-t’ai e Dengyo e
superiore a Lao Tzu e Confucio.
In tutto il paese del Giappone sono la
sola persona che ha recitato Nam-myohorenge-
kyo. Sono come il granello di polvere
che dà inizio al monte Sumeru o come
la goccia di rugiada che dà inizio al grande
mare: due persone, tre persone, dieci persone,
cento persone si uniranno a recitare
[il daimoku] fino a che esso si diffonderà
in una provincia, in due province, in tutte
le sessantasei province del Giappone fino
alle due isole di Iki e Tsushima. Anche
coloro che ora mi offendono reciteranno,
e tutti, dal governante fino alla massa del
popolo comune, reciteranno Nam-myohorenge-
kyo all’unisono, come afferma il capitolo
“Poteri sovrannaturali” del Sutra
del Loto. Anche se gli alberi desiderano
la quiete, il vento non cesserà di soffiare,
anche se vorremmo trattenere per sempre
la primavera, poi verrà l’estate.
Sebbene il popolo del Giappone tenga
in grande considerazione il Sutra del
Loto, si rifiuta di recitare Nam-myohorenge-
kyo a causa del suo odio per me,
il prete Nichiren. Ma quando gli invasori
provenienti dal grande regno dei mongoli
ci attaccheranno un’altra volta o due volte
ancora, come fecero a Iki e Tsushima, uccidendo
gli uomini e facendo prigioniere
le donne, invadendo Kyoto e Kamakura,
quando cattureranno il sovrano insieme
ai suoi ministri e ai suoi cento funzionari,
trascinandoli nella polvere davanti ai loro
buoi e ai loro cavalli, prendendoli a calci
e insultandoli aspramente, come potranno
non recitare Nam-myoho-renge-kyo?
In passato sono stato colpito ripetutamente
sul volto con il quinto rotolo
del Sutra del Loto, ma non mi sono risentito,
anzi mi sono rallegrato, perché
essere colpito nel modo descritto nel capitolo
“Il Bodhisattva Mai Sprezzante”,
essere assalito come predetto nel capitolo
“Esortazione alla devozione” è davvero
un grande onore.
Ma come devono essere contrariati
Brahma, Shakra, gli dèi del sole e della luna
e i quattro re celesti, che giurarono per
iscritto alla presenza del Budda che non
avrebbero permesso a uomini malvagi di
colpire il devoto del Sutra del Loto! Sarebbe
grave se su coloro che mi calunniano
non si abbattesse la punizione del cielo
nella vita presente: non solo le divinità [che
mancano di punirli] distruggerebbero se
stesse nel passato, nel presente e nel futuro,
ma sarebbero anche condannate per le loro
azioni [dai Budda]. E quando ciò accadrà,
non sarà in alcun modo colpa di Nichiren!
Piuttosto, schierandosi dalla parte dei preti
che offendono l’insegnamento corretto, esse
avranno attirato le calamità su se stesse.
Considerando tutto ciò, la tua benevolenza
di inviarmi cinque kan di monete
anatra blu, ogni volta che ne hai l’opportunità,
ti pone fra le persone che propagano
il daimoku del Sutra del Loto in Giappone.
E quando, dapprima una sola persona,
poi due, poi mille, diecimila, centomila e
quindi tutto il popolo da un capo all’altro
del paese, reciterà daimoku, benefici insperati
si accumuleranno sulla tua perso-
na. Tali benefici saranno come le gocce di
rugiada che si fondono a formare il grande
mare o i granelli di polvere che si accumulano
per divenire il monte Sumeru.
Le dieci fanciulle demoni in particolare
hanno giurato di proteggere coloro che
recitano il daimoku del Sutra del Loto; di
conseguenza esse veglieranno sull’Onorevole
Myomitsu e su sua moglie giorno e
notte, come una madre si prende cura del
suo unico figlio e come lo yak tiene in gran
conto la sua coda. Com’è rassicurante!
Mi piacerebbe dire molto di più, ma
non ho tempo di entrare nei dettagli. Per
favore spiega accuratamente queste cose a
tua moglie. Non scrivo queste parole per
adularvi. Più l’oro viene scaldato tra le
fiamme e più vivo sarà il suo colore; più
una spada viene affilata, più tagliente diventerà.
Più una persona loda le virtù del
Sutra del Loto, più i suoi benefici aumenteranno.
Ricorda che i ventotto capitoli
del Sutra del Loto contengono solo pochi
passi che esprimono verità, ma moltissime
parole di lode.

Nichiren

Il quinto giorno del terzo mese
intercalare

Risposta all’Onorevole Kuwagayatsu
Myomitsu

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