giovedì 9 settembre 2010

Sutra del Loto. Capitolo 5. La parabola delle erbe medicinali


La parabola delle erbe medicinali
Il Buddha disse a Makassiapa e agli altri discepoli maggiori:
Il Buddha possiede infinite e incommensurabili virtù. È il re delle dottrine e nulla di ciò che predica è falso. Tutte le dottrine egli le espone avvalendosi di espedienti. Perciò tutte mirano a far raggiungere agli esseri viventi la saggezza onnicomprensiva. Egli conosce il fine di ogni dottrina e conosce il funzionamento recondito della mente di tutti gli esseri viventi, penetrandone i segreti fino in fondo. Quindi si adatta agli esseri viventi e predica la legge in svariati modi, tacendo l’essenziale a lungo, senza fretta di parlarne immediatamente, ma adattando la predicazione alla capacità delle persone.



Chi è saggio se ne sente parlare riuscirà a capirlo e a credervi, ma chi non lo è nutrirà dubbi o perplessità.
Kassyapa, è come nel caso delle piante e degli alberi, delle boscaglie e dei cespugli, delle erbe medicinali, che si sviluppano in grande varietà, ciascuna con un nome e caratteristiche proprie, crescendo sulle colline e lungo i fiumi, nelle valli, nei diversi terreni di migliaia di milioni di mondi. La pioggia penetra in tutte le piante, negli alberi, nella boscaglia e nei cespugli, così come nelle erbe medicinali, nelle radici, nei fusti, negli steli e nelle foglie di grande piccola o media dimensione. Ciascuna pianta riceve la sua parte e sebbene ognuna sia bagnata allo stesso modo, ciascuna cresce in modo differente dalle altre.
Kassyapa, sappi che il Tathagata si comporta nello stesso modo. Egli appare nel mondo come una grande nube che si solleva. La sua voce sonora giunge a tutti gli dei, gli asura e gli uomini del mondo intero come una nube gigantesca che ricopre migliaia di milioni di terre diverse.
Il Tathagata osserva se le capacità di questi esseri viventi sono sviluppate o ottuse, se essi si sforzano con diligenza o sono pigri. Poi, in relazione a ciò che essi sono in grado di udire, predica loro la legge in una innumerevole varietà di modi, così che ciascuno ne gioisca e possa trarne benefici immensi.
Allorché questi esseri avranno udito la legge, godranno di pace e sicurezza nell’esistenza presente e nasceranno in circostanze favorevoli nelle successive, quando gioiranno della via e saranno di nuovo in grado di ascoltare la legge.
Avendo udito la legge, saranno liberi da ogni ostacolo e impedimento e si eserciteranno con tutte le loro forze nelle varie dottrine così da entrare gradualmente nella via. È come la pioggia che cade dalla grande nube su tutte le piante, gli alberi, la boscaglia, i cespugli e le erbe medicinali. Ognuna di esse, a seconda della propria specie e natura, riceve per intero la propria dose di umidità e può germogliare e crescere.
La legge predicata dal Tathagata ha una sola forma. Ha un solo aroma, vale a dire la forma dell’emancipazione, la forma della separazione e la forma dell’estinzione, che in definitiva si riassumono nella saggezza onnicomprensiva. Quando gli esseri viventi ascoltano la legge del Tathagata anche se essi la abbracciano, la leggono, la recitano e la praticano alla lettera, non si rendono conto dei benefici che stanno ottenendo grazie ad essa. Perché questo? Perché solo il Tathagata è in grado di sapere la forma, la sostanza, la natura di questi esseri viventi. Egli sa su cosa riflettono, cosa pensano, cosa praticano, come vi riflettono, come ci pensano e come praticano. Egli sa quale legge riflettono, su quale legge meditano, quale legge praticano e tramite quale legge conseguono la legge.
Essi vivono in una grande quantità di ambienti ma solo il Tathagata vede le circostanze autentiche e le comprende chiaramente senza difficoltà.
A lungo ha taciuto l’essenziale.
Non ha avuto fretta di parlarne immediatamente.
Il Buddha capisce tutto. Ma poiché vede i desideri che alloggiano nelle menti degli esseri viventi egli li guida e li protegge e per questa ragione non esprime loro immediatamente la saggezza onnicomprensiva.
Tu e gli altri, Kassyapa, è cosa rarissima che siate riusciti a comprendere che il Tathagata predica la legge in modo appropriato alle circostanze, a nutrire fede in essa e ad accettarla, perché è una cosa molto difficile da capire e da recepire.
Ascoltate attentamente dunque.
Io sono l’Onorato dal mondo, nessuno può rivaleggiare con me. Sono apparso in questo mondo per apportare pace e sicurezza agli esseri viventi: io sono il Tathagata, l’Onorato dal mondo. Essendo io un liberato aiuto a liberare; essendo io un rasserenato aiuto a rasserenare; essendo nella pace completa conduco a tale pace. Attraverso la mia perfetta sapienza io conosco sia questo mondo che l’altro per ciò che realmente sono. Io sono colui che indica il cammino; io sono in possesso del cammino; io sono un seguace del cammino, io conosco il cammino. Io sono il sublime tra gli uomini, il Vittorioso apparso nel mondo come una nuvola; io disseterò tutti gli esseri dai corpi appassiti, imprigionati nel triplice mondo. Io renderò felici costoro inariditi dal dolore, e darò loro gioia e pace. Io sono il Beato, nato nel mondo per aiutarvi a oltrepassarlo.
A beneficio di questa assemblea predico la dolce rugiada della pura legge. Questa legge ha un unico aroma, quello dell’emancipazione e del Nirvana. Con un solo suono meraviglioso illustro e svelo il suo significato; di continuo creo le condizioni e le cause per il Grande Veicolo. Considero tutti universalmente uguali, nobili e abietti, immorali e virtuosi, depravati e giusti, persone di opinioni settarie o pure, persone di intelletto inferiore o superiore; non prediligo questo o quello; non provo amore per uno e odio per un altro. Sono privo di brame e attaccamenti, non conosco limiti né ostacoli. In ogni momento per tutti gli esseri viventi predico la legge imparzialmente, così come agirei in favore di un singolo allo stesso modo agisco per numerose persone. Espongo la legge e la predico di continuo, non ho mai fatto altro; venendo, andando, seduto o in piedi, fino all’ultimo mai mi sono seduto o scoraggiato. Faccio cadere la pioggia del dharma ugualmente su tutti, senza rilassatezza o negligenza alcuna bagnando il mondo intero, come accade ai boschi e ai cespugli, alle erbe medicinali e agli alberi, grandi o piccoli che siano.
Gli ascoltatori della voce e i Buddha solitari che vivono la loro ultima esistenza udendo la legge, da soli tra le foreste montane, praticando la meditazione e sforzandosi con diligenza, potremmo definirli erbe medicinali.
I Bodhisattva di saggezza risoluta e decisa, che comprendono senza errori il triplice mondo, che ricercano il Veicolo Supremo e che si dedicano alla via del Buddha con passione e benevolenza, possiamo chiamarli piccoli alberi.
Quelli immersi in meditazione, che hanno sviluppato poteri sovrannaturali facendo girare la ruota della non regressione, che salvano gli esseri viventi emettendo innumerevoli raggi di luce, possiamo chiamarli grandi alberi.
Ora a voi dirò la somma verità: nessuno, nella moltitudine degli ascoltatori della voce, è entrato nello stadio dell’estinzione. Voi state praticando la via del Bodhisattva e avanzando gradualmente nella pratica e nell’apprendimento, certamente conseguirete la Buddhità.

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La parabola del nato cieco (presente nella sola edizione in sanscrito)

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Dopo queste parole, Makassiapa chiese al beato:
- Beato, se non ci sono tre veicoli, come mai si usano le parole “uditori”, “pratyekabuddha, o Buddha solitari”, e Bodhisattva? -
Così richiesto, il Buddha rispose:
- Il vasaio può fare diversi recipienti; uno per lo zucchero, uno per il burro e uno per il latte, ma l’argilla è la stessa. Non c’è differenza tra le varie argille, ma solo nel contenuto.-
Dopo queste parola Makassiapa chiese ancora al Beato:
- Se gli esseri viventi che hanno superato il triplice mondo hanno inclinazioni diverse, vi è per loro un solo Veicolo oppure due, o tre? -
Il Beato rispose:
- Makassyapa, il Nirvana nasce dalla comprensione dell’uguaglianza di tutti gli elementi. Quindi esso è uno, non due o tre.

Supponiamo che un tale sia nato cieco e creda che non esistono forme belle o brutte, né uomini che vedono forme belle e brutte. Non esiste il sole, la luna, le costellazioni o i pianeti.
Se qualcuno parla al cieco di queste cose egli non ci crede.
Ora vi è un certo medico che conosce tutti i mali, il quale, pensando che le malattie di quest’uomo sono dovute alle sue cattive azioni passate, decide di andare sull’Himalaya a prendere 4 erbe che servono allo scopo.
Una volta trovate, dopo aver raggiunto la cima e sfidato mille pericoli, torna dal cieco e gliele somministra e costui riacquista la vista. E così dice:
- Che sciocco sono stato a non credere a ciò che mi dicevano. Adesso vedo ogni cosa, sono libero dalla cecità. Nessuno mi è superiore! -
Tuttavia alcuni veggenti, in possesso delle cinque facoltà sovrannaturali, dei poteri magici, gli dicono:
- Uomo, tu hai ottenuto la vista, ma ancora non sai nulla del resto. Da dove viene questa tua arroganza? Non sei saggio né sapiente. Quando stai seduto nella tua casa non distingui le forme che si trovano fuori, non riconosci chi è ben disposto verso di te e chi no, e non sei capace di muoverti neanche di una lega senza sollevare i piedi. Sei stato concepito e cresciuto nel ventre materno ma non ricordi un tale fatto. In che senso dici di essere saggio? Tu confondi la cecità con la luce, e la luce con la cecità. -
Allora costui chiede ai veggenti come fare per acquistare tali poteri. E i veggenti rispondono:
- Vai a vivere in una foresta, o in una grotta. Rifletti sulla dottrina ed elimina le impurità. -
Così l’uomo diventa un asceta e si rende conto di quanto poco saggio era stato prima.

Ora Makassyapa, cieco dalla nascita è colui che si trova nei sei destini del samsara. Costui non conosce la vera dottrina e coltiva la pesante oscurità delle passioni. Essendo accecato dall’ignoranza accumula i semi dei suoi futuri stati mentali.
Il Buddha è il medico che nasce nel triplice mondo e parla a questi esseri del Triplice Veicolo. Così il cieco che ritrova la vista è come il seguace dei veicoli degli uditori e dei Buddha solitari, che recide il legame delle afflizioni del samsara e crede di aver raggiunto il Nirvana.
Il Tathagata allora lo istruisce sulla dottrina e gli dice: “Dato che non hai compreso tutti gli elementi dove è il tuo Nirvana? Il tuo è un riposo ma non la vera pace” Il Beato lo incoraggia al risveglio. E costui, dopo aver compreso, vede il triplice mondo vuoto in tutte le dieci direzioni, simile a una magia, un sogno, un miraggio o un’eco. Egli allora, nella sua grande saggezza, vede l’intero corpo della Dottrina: non ci sono tre veicoli, ma un veicolo unico. Tutti gli elementi sono uguali: colui che ha capito questo, conosce la pace immortale e beata.

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