sabato 12 giugno 2010

Il cancello del drago


Il cancello del Drago
In Cina c’è una cascata chiamata il Cancello del Drago. Le sue acque precipitano da un’altezza di cento piedi, più rapide di una freccia scagliata da un forte arciere. Si dice che migliaia di carpe si raccolgano nel bacino sottostante sperando di risalire la cascata e che quella che riuscirà nell’impresa si tramuterà in un drago.



Tuttavia, non una sola carpa su cento, su mille o anche su diecimila riesce a risalire la cascata, nemmeno dopo dieci o venti anni. Alcune sono trascinate via dalle forti correnti, altre cadono preda di aquile, falchi, nibbi e civette, e altre ancora vengono catturate, pescate o perfino colpite con frecce dai pescatori che si allineano su entrambe le rive della larga cascata. Tale è la difficoltà per una carpa di diventare un drago.
C’erano due maggiori clan guerrieri in Giappone, i Minamoto e i Taira. Erano come due fedeli cani da guardia ai cancelli del palazzo imperiale. Erano così appassionati nel fare la guardia all’imperatore, come lo è un taglialegna nell’ammirare la luna di settembre che sorge da dietro le montagne. Guardavano con meraviglia le eleganti feste dei nobili di corte e delle loro signore proprio come le scimmie sugli alberi si incantano alla vista della luna e delle stelle che brillano nel cielo. Benché di basso rango, desideravano ardentemente unirsi ai circoli di corte. Tuttavia anche quando Sadamori del clan dei Taira schiacciò la ribellione di Masakado , non fu ammesso a corte. Né vi fu ammesso alcuno dei suoi discendenti, incluso il famoso Masamori. Solo a Tadamori, figlio di Masamori, fu permesso per la prima volta di accedere a corte. Il suo successore Kiyomori e suo figlio Shigemori, non solo vissero fra i nobili di corte, ma si imparentarono con il trono quando la figlia di Kiyomori sposò l’imperatore e gli dette un figlio.
Raggiungere la Buddità non è affatto più facile che per gli uomini di basso rango accedere ai circoli di corte o per una carpa risalire il Cancello del Drago.
Shariputra, per esempio, praticò le austerità del bodhisattva per sessanta eoni allo scopo di raggiungere la Buddità, ma alla fine si arrese davanti agli ostacoli e cadde di nuovo nei sentieri dei due veicoli.
Perfino alcuni dei discepoli diretti di Shakyamuni, ai tempi in cui era il sedicesimo figlio del Budda Daitsu, sprofondarono nel mondo delle sofferenze per la durata di sanzen-jintengo.
Altri discepoli di Shakyamuni in un passato ancora più lontano, quando egli raggiunse l’Illuminazione per la prima volta, soffrirono per la durata di gohyaku-jintengo. Tutte queste persone praticarono il Sutra del Loto, ma quando furono perseguitati dal Demone del sesto cielo nella forma dei sovrani o delle autorità, abbandonarono la loro fede e così vagarono per i sei sentieri, per innumerevoli eoni.
Fino a ora sembrava che questi eventi non ci riguardassero, ma adesso ci troviamo di fronte allo stesso tipo di persecuzioni. Qualunque cosa accada, tutti i miei discepoli devono serbare in cuore il grande desiderio di raggiungere l’Illuminazione. Siamo molto fortunati a essere sopravvissuti alla diffusa epidemia dello scorso anno e dell’anno precedente. Adesso, tuttavia, con l’incombente invasione mongola, può darsi che saranno in pochi a sopravvivere. Alla fine, nessuno può sfuggire alla morte. Le sofferenze al tempo dell’invasione non saranno peggiori di quelle che stiamo affrontando oggi.
Poiché la morte è la stessa in ogni caso, dovresti desiderare di offrire la tua vita per il Sutra del Loto. Pensa a questa offerta come a una goccia di rugiada che si unisce di nuovo all’oceano, o come a un granello di polvere che ritorna alla terra.
Un brano dal settimo capitolo del Sutra del Loto dice: «Il nostro desiderio è quello di condividere questo beneficio in ugual modo con tutte le persone e così, insieme a loro, raggiungeremo la Buddità».
Con profondo rispetto,
Nichiren

6 novembre

Poscritto: scrivo questa lettera con profonda gratitudine per l’incoraggiamento che stai dando a coloro che sono coinvolti nella persecuzione di Atsuhara.

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